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Non ci sarebbe stato Beethoven senza l’invenzione del fortepiano, cioè senza la mutazione tecnologica che, attorno al 1700, ha sostituito una corda pizzicata del clavicembalo con la corda martellata del pianoforte.

La Pateticane è la conseguenza: non ci sarebbe stato quel ritmo , quell’intensità, quello scontro tra il leggero e il profondo, tra il forte e il pianissimo senza il pianoforte e quindi senza la possibilità di pesare la pressione del tasto. Le innovazioni tecnologiche hanno l’effetto formidabile di cambiare la testa a chi le usa, perché permettono nuove possibilità di lettura . Quando i toscani , che dipingevano tutti con la chiara d’uovo o con la tempera , si videro arrivare , alla fine del 400, il grande trittico di Hugo van der Goes, furono colpiti dal fatto che i fiamminghi dipingevano con l‘olio, tanto da mettersi a ricercare a loro volta, facendo così nascere la stagione formidabile tra la fine del 400 e l’ inizio del 500.

Le innovazioni tecnologiche mutano il linguaggio del sistema artistico, a condizione però che l’artista abbia una sua curiosità mentale e una capacità talmente inattesa di fantasticare che gli permette di prendere uno strumento nuovo , di usarlo come una lingua nuova, per farne altre cose.

Questo è il miracolo delle opere di Fausto Manara !

Egli parte da belle fotografie che la sua naturale curiosilo porta a scattare in giro per il mondo . E poi le elabora, le fa deformare nel compute r, le muove e le plasma. Le confonde lasciando solo alcune tracce della loro conformazione originaria . Dialoga con una materia matematica e virtu ale che si fa concreta in quanto “è” immagine. Così facendo ne guida la nuova conformazione, generando un linguaggio nuovo che, a sua volta , genera una nuova sensibilità. E’ proprio questo che fa diventare artisti: dare all’ immagine un’altra dimensione, portarla da una dimensione della psiche a un’altra.

Manara ha poi un trucco in più; ha il mestiere di psichiatra, dove il gioco con i meccanismi della mente è necessario e automatico . Questa sua cultura la riprende nelle opere che elabora e, con alcuni ausili tecnici, fa il decifratore. Prende l‘ordine e lo disordina, lo smonta usando la tecnica, e gli la forma del suo gioco che da psichiatrico diventa straordinariamente artistico.

Il suo non è più un test di Rorschach da interpretare ; è la formazione guidata dell’immagine di questo test del quale lui stesso è al contempo artefice e interprete. E che cos’è l‘ope ra d’arte oggi se non l‘elaborazione di una forma linguistica dove l’equivoco diventa strada e supporto per la fantasia?

Philippe Daverio